Diversity Opportunity | Lo sguardo che non ha mai visto le stelle, ma le scopre ogni giorno nell’esperienza di padre, professionista e Uomo
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Lo sguardo che non ha mai visto le stelle, ma le scopre ogni giorno nell’esperienza di padre, professionista e Uomo

Intervista a Francesco Amato

Chi sei, cosa fai e come la tua passione per la musica da Roma ti ha portato in Valsesia.
Mi chiamo Francesco Amato, ho 40 anni, e sono nato e vissuto a Roma fino al novembre del 2002, quando mi sono trasferito in Valsesia, in un paesino chiamato Grignasco, a causa della mia passione per la musica; cercavo in rete delle partiture musicali e ho trovato una ragazza che poi più avanti sarebbe diventata mia moglie. Lei non aveva le partiture che cercavo ma aveva bisogno di un chitarrista per il gruppo. Cosi, senza dirci che ci separavano 800 km ci siamo dati un appuntamento “in piazza”… da lì è nata la frequentazione, viaggiando tra Roma e Grignasco fino al mio definitivo trasferimento.

 

Da quanti anni lavori in Azienda e di cosa ti occupi.
Lavoro in una delle più grandi Aziende italiane del tessile dal 2002, appunto, come impiegato nell’ufficio spedizioni, ricoprendo molteplici mansioni: il trasferimento e i resi delle tessuti tra i nostri stabilimenti interni, la gestione del conto lavoro, emissione di note credito, note debito e rifatturazioni, sdoganamenti di merce in import, controllo del consumo e inserimento ordini per il materiale di magazzino, e, dovendo “staccare” periodicamente gli occhi dal PC, do una mano ai magazzinieri a gestire il magazzino al momento dell’ arrivo delle consegne da parte dei corrieri.

 

Come hai scoperto la tua patologia, come ti sta cambiando la vita e come vedi il futuro.
Sono affetto dalla sindrome di Usher di tipo II (2).
La patologia coinvolge la vista, per effetto della retinite pigmentosa, e l’udito. È una patologia degenerativa che al momento non conosce soluzioni. Ho scoperto di essere affetto da questa patologia in due momenti separati della mia vita: alla nascita risultò già evidente un sensibile abbassamento dell’udito, che ho cercato di recuperare indossando per molti anni apparecchi acustici; il deficit visivo è invece venuto fuori con lo sviluppo, a 12 anni. L’arredamento della casa dei miei genitori era molto scuro, e ho cominciato a non vedere più le porte chiuse, o i vasi per terra che mia madre cambiava di posto, e anche componenti della mia famiglia, andando addosso a tutto e tutti… si pensava che fossi solo distratto, ma la cosa che ha dato l’allarme è stato il fatto che non vedevo le stelle.

Da lì i primi accertamenti e quindi la diagnosi.

Ora, dopo tanti anni di terapia iperbarica, sono quasi del tutto non vedente dal tramonto in avanti, e pertanto non autonomo. Allo stesso tempo, la luce, i vestiti chiari, il sorriso bianco di una persona, perfino un cielo nuvoloso mi abbagliano.

Non riconosco le persone a meno che non si avvicinino a circa un metro da me, e nei negozi, per esempio, non vedo mai dove sono le commesse e la merce sugli scaffali. Fare la spesa è difficoltoso: i prezzi non li leggo e devo ricordarmi dove sono esattamente i prodotti e sperare che non cambino di posto. Vivendo da solo, e dovendo occuparmi di mia figlia che ha 12 anni, ho imparato a memoria come è fatto il mio paese: gradini, pali, buche, dossi. Quello che non si può prevedere sono le persone sul marciapiede, le biciclette appoggiate ai muri, i bidoni della raccolta differenziata sul marciapiede, i cancelli aperti. che travolgo regolarmente… la gente fa fatica a capire come sia possibile che non veda, visto che mi muovo da solo, e giustificarmi è sempre imbarazzante.

Quando sono con mia figlia la situazione è migliore, le ho insegnato un nostro linguaggio con le mani per comunicarmi gli ostacoli sul mio cammino.

 

Il tuo modo di organizzarti al lavoro: strumenti, ritmi, logistica, l’aiuto dei colleghi, il tuo gruppo di lavoro

Avendo dovuto smettere di guidare dal 2004, per raggiungere il lavoro e casa mi appoggio ad un collega che compie lo stesso tragitto in macchina; oppure avvalendomi dei pullman nei giorni in cui non c’è. Questo però comporta per me perdite di ore di lavoro in quanto il pullman è un “ambiente chiuso”, entra poca luce, e quindi devo aspettare che il sole sia alto per potermi arrangiare e raggiungere un posto vuoto. Più di una volta mi sono seduto in braccio alle persone.. con relativa discussione e scuse a cui non credono.

Sul lavoro utilizzo videoingranditori elettronici da tavolo e portatili, visto che sui normali fogli A4 non leggo più per via dello sfondo bianco del foglio che mi abbaglia e copre le scritte. Utilizzo anche un software per inversione dei colori ed ingrandimento dei caratteri per utilizzare il videoterminale. È tuttavia importante l’aiuto dei miei colleghi che, sapendo del mio problema, molte volte mi aiutano in maniera proattiva, scrivendo con pennarelli dalla punta molto larga su fogli che poi arriveranno a me, oppure leggendo per me quando sono fuori ufficio.

 

Come ti descriveresti oggi come uomo, i tuoi sogni, le tue paure, i tuoi obiettivi come Francesco, come padre, come professionista.
Come vorresti disegnare il mondo futuro per i ragazzi che oggi stanno crescendo e che si preparano ad affrontare una vita condividendola con una problematica fisica.

Sia come uomo che come padre ho una vita assolutamente normale. Mi divido tra il lavoro e il tempo libero, mia figlia e i suoi impegni, la cura per la casa e hobby come suonare la chitarra, il pianoforte e la kalimba.

Forse l’unica cosa che faccio di diverso è “allenarmi” per quando perderò la vista, cucinando, stirando, rassettando tutto al buio. Nulla di supereroico, si tratta solo di accettare quello che sono e trovare un modo per superare tutto invece che piangermi addosso e non essere in grado di fare nulla al grido di “non riesco”.

I miei sogni sono oramai indirizzati su mia figlia, vorrei che diventasse una donna consapevole del fatto che nessuna difficoltà fisica impedisce di essere felici e di vivere appieno. Anzi, si vive “più forte”, si apprezzano le piccole cose che ci rendono grandi.

Chiunque, soprattutto un giovane che si trova a dover condividere la sua vita con una disabilità, deve trovare la sua maniera per accettarla e aggirarla, facendo le cose con i propri ritmi, e non avendo paura di chiedere quando si è nel bisogno.

Come detto prima, non ho mai visto le stelle.

Non so cosa sia un cielo stellato, eppure di stelle nel mio cielo ce ne sono tante, e io le vedo a modo mio.

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