Diversity Opportunity | Luca Zavatti: un cambiamento che sradica, un cambiamento che rinnova, un cambiamento che contagia
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Luca Zavatti: un cambiamento che sradica, un cambiamento che rinnova, un cambiamento che contagia

Intervista a Luca Zavatti, Federazione Italiana Calcio Amputati

 

Chi sei: nome, cognome, il tuo lavoro, i tuoi hobbies, le tue passioni
Sono Luca Zavatti, ho 52 anni, il mio lavoro adesso è in Octo Telematics, azienda conosciuta grazie alla nazionale Calcio amputati. Un anno e mezzo fa, durante un evento della triangolare ho conosciuto Octo e poi ho avuto modo di intraprendere questo nuovo percorso lavorativo.
La più grande passione è lo sport che mi ha salvato la vita.
Ho giocato a calcio fin da bambino, l’ho sempre avuto nel dna.
Quando poi ho avuto l’incidente, sicuramente le esperienze sportive avute negli anni e gli istruttori che ho incontrato, mi hanno aiutato a rialzarmi, insegnandomi a non mollare mai, ad avere rispetto e fairplay.
Tutte cose che ho fatto mie e che mi hanno aiutato a giocare il mio secondo tempo.
Ognuno di noi ha la possibilità di giocare un secondo tempo nella vita.
Lo sport è stato il motore trainante della mia vita.
Dopo l’incidente, il mio approccio al cambiamento è stato un po’ incosciente, un po’ “pazzo”.
Sono sempre stato io a tranquillizzare chi mi era intorno, avendo sempre un’attitudine di positività ed ottimismo, l’incidente mi ha reso un messaggero e testimonial di speranza per le altre persone.

 

L’incontro con il mondo del calcio, l’approccio, le paure, i successi, il futuro
Come detto, lo sport è stato un elemento trainante della vita, poter tornare a giocare e calcare un campo di calcio con le stampelle non pensavo potesse essere un sogno realizzabile.
Il primo ritiro a Lenola è stato una scintilla che mi ha aiutato molto nel mio percorso di riabilitazione non solo fisica, ma anche emotiva.
Lo sport e la Nazionale Calcio Amputati mi ha dato una grande opportunità, facendomi sentire di nuovo normale.
Ritornare a giocare a calcio mi ha sbloccato: è partita così la mia avventura e sono poi diventato capitano della Nazionale.
Ho giocato un mondiale e due europei.
Ora alleno il Lecce Calcio amputati, l’unica squadra presente al Centro-Sud e che rientra all’interno di un Campionato a quattro squadre.
Quello che fanno i miei ragazzi è straordinari, è un esempio per tanti sportivi.

 

Il valore dello sport come guida ai cambiamenti e ai valori importanti della vita, per te e per le persone con cui condividi le esperienze. 
Il prossimo futuro mi vede a Foggia con il raduno di Calcio Amputati, ospitati da un’Accademia di calcio per bambini.
Spero presto di poter riuscire a creare una scuola calcio a Latina per persone con disabilità fisiche o mentali: questo è il mio sogno, perché quello che fa lo sport è un elemento fondamentale anche per le famiglie, perché avere la possibilità di uscire dal nucleo familiare e avere l’opportunità di entrare a far parte di una famiglia sportiva è una possibilità fondamentale e distintiva.
Ho paura di non farcela: il mio percorso dura da 9 anni ed è stato ricco e forte di soddisfazioni, con dietro tanto lavoro, sacrificio e fatica, che è tutta ripagata dagli incontri con i bambini, dal calcio e dall’incontro in giro per l’Italia in cui cerco di diffondere il mio messaggio di speranza.
Sono tante le problematiche che si possono e si devono affrontare durante la vita e io ho tanto rispetto per tutto, nel tentativo sempre di essere di aiuto con la mia testimonianza.
La mia paura è perdere forza rispetto a tutto ciò che sto facendo ora e sulla mia paura faccio leva per affrontare le sfide che la vita mi riserva ogni giorno.
Tutti i mie “sacrifici” sono frutto della mia passione, sperando di non perderla mai.
Chi ha coraggio non può non aver paura.

 

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