
25 Jun Parità di genere. Tra diritti, libertà e lungimiranza.
Quanto siamo consapevoli del fatto che l’uguaglianza di genere è la chiave per lo sviluppo sociale di un paese ?
Potremmo dire “abbastanza”, dato che il mondo ha compiuto qualche progresso verso la copertura del divario di genere. Ma “abbastanza” non è sufficiente, in quanto nel 2018 il potenziale dell’ uguaglianza di genere è ancora sottovalutato. La fotografia é chiara: la battaglia non è ancora finita e finirà solo quando donne e uomini godranno degli stessi diritti e opportunità in tutti i settori della società, compresa la partecipazione economica, il processo decisionale, e quando i diversi comportamenti, aspirazioni e bisogni saranno ugualmente apprezzati e favoriti allo stesso modo.
Le donne, in quanto tali, subiscono discriminazioni, spesso multiple, dovute ad alcuni fattori che si intersecano tra loro, a prescindere dal loro background e dalle loro capacità professionali.
Purtroppo l’ineguaglianza esiste nelle nostre menti, nei nostri pregiudizi e nei nostri rigidi preconcetti. Rimuoverli è impossibile, ma è molto importante invece prenderne consapevolezza al fine di ridurli. Il primo passo è prendere coscienza dei nostri pregiudizi irrazionali, quelli che gli inglesi chiamano “Unconscious Bias” e che condizionano le nostre decisioni, percezioni e visione degli altri.
Pensiamo al mondo del lavoro dove le interazioni di genere svolgono un ruolo cruciale e una maggiore uguaglianza bisognerebbe praticarla in maniera più concreta.
Per maggiore uguaglianza non si intende considerare il genere maschile e femminile identico o indistinguibile su tutti i comportamenti, le preferenze e le abilità. Né significa che tutte le differenze di genere devono essere eliminate. La diversità appartiene a tutti noi, così come i diritti.
Giudicare una persona in base al suo merito e non al suo genere sarebbe un passo verso una società più libera e democratica. Per esempio, fornire a donne e ragazze un accesso equo all’istruzione, all’ assistenza sanitaria, al mercato del lavoro e alla rappresentanza nel processo decisionale, politico ed economico, significa costruire una società sana e lungimirante. Al contrario, non significa rubare le opportunità degli uomini o renderli inferiori.
Immaginiamo una società fondata sulla libertà di scelta. Dove il congedo paterno non è una cosa rara ed entrambi i genitori possono essere responsabili per i loro figli. Avremmo famiglie più flessibili, avremmo una famiglia ugualitaria con due adulti con reddito e in grado di prendersi cura della famiglia in modo competente e flessibile.
Potremmo pensare ad una società ancora più equa e democratica se nel “gender pay gap” riuscissimo ad eliminare la parola GAP. Il divario retributivo tra uomo e donna è comune a tutti i paesi, è legato a svariati fattori culturali, legali, sociali ed economici.
Uno sguardo sull’Italia
Secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum sul Global Gender Gap circa il 62% del lavoro svolto dalle donne italiane non è retribuito, rispetto al 30% per gli uomini. Il Global Gender Gap Index fornisce una classifica mondiale nella quale l’Islanda si colloca al primo posto, che detiene il primato da 9 anni, seguono Norvegia e Finlandia. La Francia si pone all’11 posto, seguita dalla Germania, UK, Canada, Usa e, penultima, prima del Giappone, l’Italia.
Le donne in Italia lavorano in media più degli uomini – 512 minuti al giorno rispetto ai 453 minuti – ma hanno più probabilità di essere disoccupate o di lavorare part-time. Più della metà degli italiani che si laureano sono donne. Quasi il 59% dei laureati con laurea triennale sono donne, secondo l’OCSE, mentre secondo l’ufficio statistico Nazionale Istat le donne costituiscono poco più del 52% dei dottori di ricerca.
I numeri parlano chiaro, la strada da intraprendere è quella verso lo sviluppo di economie più sostenibili per una società sempre più in evoluzione. Per far questo, servono grandi passi, una prepotente azione concreta al maschile.
L’uguaglianza di genere rende la società più ricca, più libera, rafforza le famiglie, migliora la democrazia, promuove la pace e soprattutto riduce la violenza. Prendiamone atto.
OCSE: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
di Roberta Lulli
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