17 Jun Federica Fiumara: la vision innovativa per i futuri manager del mondo HR
Intervista alla dott.ssa Federica Fiumara, People Junior Specialist
Da risorse umane a people, dall’engagement all’employer branding, come vivi questo cambiamento da giovane professionista del mondo HR?
La mia generazione, quella dei rinomati millennials, é a mio parere una generazione “di mezzo”. Si ritrova a metà tra il passato e il futuro, influenzata dal modello di vita e lavorativo dei propri genitori ma anche testimone di un grande e profondo cambiamento sociale, culturale e tecnologico. Mentre la generazione passata ambiva al cosiddetto “lavoro stabile”, possibilmente sempre lo stesso e nella stessa città, noi siamo del tutto consapevoli come questo sia impossibile nel mondo odierno. Oggi la società e il mercato economico si trasformano in fretta, i lavori cambiano e le aziende richiedono lavoratori non solo seri e qualificati, ma anche e soprattutto flessibili, dinamici, smart. Persone che sappiano comunicare, in lingue diverse e con strumenti diversi, persone che riescano a cambiare lavoro, ruoli e quindi anche città o perché no nazione. Questo però si scontra con tutti i modelli educativi e di istruzione avuti fin da piccoli: a scuola non ci insegnavano ad accrescere e valorizzare le nostre competenze trasversali, non ci parlavano di soft skills, ma di impegno, studio e stabilità. Creatività e doti imprenditoriali erano parole sconosciute; siamo cresciuti con strumenti del passato e poi catapultati, nel mondo del lavoro, nel futuro. Le aziende oggi non si accontentano di avere buoni lavoratori ma di avere “i migliori”, di distinguersi dimostrando di “avere quello che gli altri non hanno”, obiettivi per i quali lo studio, la serietà e la disciplina non bastano. Io, da giovane HR, mi sto affacciando al mondo del lavoro consapevole delle difficoltà presenti, cercando però di trasformare le paure e i limiti in possibilità e sfide, in stimoli per “andare oltre”, per migliorarmi e conoscere meglio me stessa. Spero di poter entrare a far parte di una realtà lavorativa attenta alle Risorse Umane, che valorizzi le differenze individuali, la creatività e lo spirito di iniziativa, in grado di ascoltare le proprie risorse e le loro opinioni, anche quelle “fuori dal coro” ma che possano portare innovazione e benessere all’azienda.
Quale cambiamento umano e tecnologico pensi di dover sostenere nelle aziende in cui ti troverai a lavorare?
Negli ultimi tempi, il cambiamento tecnologico ha determinato la scomparsa di alcune figure lavorative ma ha anche prodotto la nascita di nuovi lavori ed evoluzioni significative sulla quantità e qualità di lavoro, sul concetto di ore lavorate, migliorando il work-life balance di ogni risorsa. Sicuramente uno dei maggiori cambiamenti messi in atto dalle aziende è l’attenzione reale al capitale umano. Già molti passi avanti sono stati fatti, adesso i lavoratori sono considerati realmente “persone” con caratteristiche, idee, limiti, risorse ed esigenze diverse. Spesso però questa attenzione è limitata, limitata alle iniziative di una giornata particolare o a poche realtà lavorative. Credo sia auspicabile che l’innovazione tecnologica permetta un reale abbattimento delle barriere, fisiche e mentali, e faciliti la possibilità di creare una rete per lavoratori e aziende, in grado di assicurare un sistema caratterizzato dal confronto tra le risorse e l’apprendimento continuo. L’utilizzo di strumenti tecnologici potrebbe, inoltre, facilitare la sostenibilità ambientale anche in ambito lavorativo e migliorare, in maniera effettiva, la sicurezza e la salute sul lavoro. Per il successo di un’azienda credo sia fondamentale concentrarsi sul benessere dei lavoratori, sulle relazioni umane nei contesti lavorativi, creando anche spazi, all’interno del luogo di lavoro, che favoriscano la relazione tra i lavoratori, che permettano loro di “ricaricarsi” fisicamente e mentalmente e che facilitino momenti di creatività.
Dal colloquio agli hackathon, come vedi cambiare le strategie di talent per chi si orienta nella ricerca del lavoro oggi?
Le modalità di selezione diverse dal colloquio, come l’hackathon o l’assessment, sono finalizzate a far emergere realmente le capacità, le risorse e anche i limiti di un candidato. Spesso nel colloquio viene meno quella che è la spontaneità della risorsa umana, sempre più consapevole e informata su come affrontare un colloquio o rispondere al meglio ad alcune domande. Durante gli hackathon, ad esempio, non si può fingere; anche se il candidato cerca di presentarsi nel modo migliore e assecondare le aspettative di un recruiter, le situazioni create ad hoc mettono a “nudo ” la risorsa, che deve affrontare in poco tempo delle vere e proprie sfide e tutto quello che può fare è mettere in campo se stesso. Della mia esperienza di partecipazione ad alcuni hackathon, ricordo di avere vissuto i momenti iniziali con un po’ di smarrimento e confusione perché era per me una modalità del tutto nuova. Le ore successive invece sono state pura adrenalina: confrontarsi con altre persone conosciute quel giorno stesso e creare insieme un progetto da presentare è stato altamente stimolante, una grande esperienza formativa sia a livello personale che professionale. Per chi è alla ricerca di un lavoro, l’hackathon dà l’opportunità di esprimere realmente le proprie capacità, di sfidare i propri limiti, gestire i problemi e il tempo davvero limitato, lavorando e rapportandosi con persone con un background spesso completamente differente. D’altronde questo è tutto quello che avviene in una realtà lavorativa: flessibilità, innovazione, creatività, capacità relazionali e collaborative sono le skills attualmente richieste dal mondo del lavoro.
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