27 Oct Processi agile e integrazioni tra professioni. La gestione vincente della Diversity in Fondazione Agostino Gemelli.
Intervista a Barbara Pizzuco, Coordinatrice Formazione Fondazione Agostino Gemelli
Mi occupo di Formazione aziendale e Sviluppo Organizzativo dal 2015 presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS (FPG) -azienda certificata Top Employers dal 2018 e Joint Commission International dal 2021- dopo aver spaziato per oltre 20 anni in ambiti tanto differenti quanto stimolanti.
Alcune di queste esperienze mi hanno consentito di conoscere differenti aspetti del Policlinico fondamentali per agire con efficacia il mio ruolo attuale: mi riferisco in particolar modo alla pianificazione dell’attività chirurgica di 22 sale operatorie secondo un modello innovativo con regia centrale delle sale, alla collaborazione con il Direttore Sanitario (per il quale oltre a coordinare il team non dirigente ho curato alcuni progetti riguardanti l’offerta assistenziale in un’ottica di assistenza maggiormente costo-efficace), alle attività presso la Direzione Generale, ove ho seguito progetti speciali come l’implementazione del nuovo brand, l’internazionalizzazione attraverso rapporti con stakeholder degli Emirati Arabi Uniti e alla trasformazione del Policlinico Gemelli in Fondazione con personalità giuridica autonoma.
La Formazione e lo sviluppo organizzativo sono driver importanti per la gestione del cambiamento, un cambiamento che riguarda tutte le aziende del terzo millennio, ma riguarda ancora di più il settore sanitario, visto il particolare contesto istituzionale di riferimento: conoscere la storia di un’azienda e saper guardare al futuro rappresentano un fattore critico di successo per supportare dall’interno il change management.
La mission della Fondazione, in quanto Policlinico Universitario di ispirazione Cattolica, è quella di offrire ai pazienti umanità, eccellenza e alta specializzazione nelle cure, favorendo la costante innovazione della medicina e formando i professionisti della sanità del futuro. La Fondazione è il luogo in cui competenze scientifiche e tecniche, sensibilità umana, etica e valori cattolici diventano un concreto impegno al servizio di tutti per cure eccellenti ed accessibili. La comunità lavorativa è composta da circa 6000 collaboratori, di cui due terzi impegnati nell’assistenza diretta.
Per la natura dell’attività, FPG è stata attrice protagonista nella pandemia: a marzo 2020 siamo diventati centro di riferimento regionale per il Covid, aprendo il presidio Covid II a Roma. Questo coinvolgimento istituzionale ha richiesto un incredibile sforzo di plasticità organizzativa: sono stati attivati 39 nuovi posti di terapia intensiva a tempo record, rimodulando al contempo la modalità assistenziale da UO per patologia a intensità di cura, ponendo fianco a fianco professionisti di specialità diverse.
Mentre il personale assistenziale era coinvolto in prima linea, insieme alle funzioni dell’Ufficio Tecnico, Acquisti, ICT e Direzione Risorse Umane, il restante personale amministrativo viveva un’inattesa immersione nello smart working: in una settimana siamo passati da 17 a oltre 200 risorse che lavoravano in modalità agile dalla propria abitazione, per arrivare a oltre 350 nel giro di 3 settimane.
A descriverla così sembrerebbe una sorta di realtà sghemba, ove assistenza e supporto apparivano su piani diversi a orientati verso direzioni opposte. Questa percezione è stata prontamente smentita da un’attenta osservazione dei primi esiti e dall’analisi dei feedback raccolti da luglio 2020 in avanti in focus group dedicati.
La capacità di reazione e adattamento della Fondazione a questi nuovi modelli è stata sorprendente. L’idea di fondo è che le cose abbiamo funzionato per una serie di fattori.
Dal punto di vista organizzativo, aver prontamente istituito un’unità di crisi che coinvolgeva tutti i soggetti chiave dei processi e che si incontrava quotidianamente per condividere SAL dei vari cantieri, trend della pandemia e che ospitava anche eminenti membri del comitato scientifico governativo ha rappresentato sicuramente un fattore critico di successo. La relazione stretta con l’Università Cattolica ci ha anche consentito di fare fronte alla necessità di reclutare urgentemente figure assistenziali.
Per quanto riguarda il lavoro agile, abbiamo potuto contare sulla disponibilità di un percorso formativo online disponibile a catalogo che è stato svolto sia dai lavoratori, sia dai loro responsabili (questi ultimi chiaramente con un focus su come coordinare team in smart working). Ciò ha consentito di veicolare in modo rapido ed efficace alcune competenze chiave per le risorse coinvolte, competenze che hanno rappresentato solide fondamenta sulle quali costruire il nuovo modello di lavoro.
Se la macchina organizzativa ha risposto egregiamente all’emergenza, dal punto di vista emotivo il momento storico è stato di grande impatto anche per la nostra comunità lavorativa. Soprattutto nelle prime settimane il personale sanitario si è confrontato con una situazione nella quale le linee guida cambiavano di settimana in settimana e non avevano certezze relativamente alle cure da somministrare e ai presidi di protezione da utilizzare, trovandosi esposto più di sempre al rischio burnout. Come Direzione Risorse Umane abbiamo messo a disposizione uno sportello di supporto psicologico aperto a tutto il personale di assistenza, con particolare attenzione al personale coinvolto nella cura del COVID.
I focus group condotti nel 2020 con personale di assistenza e amministrativo ci hanno restituito un messaggio chiaro: il COVID ha rappresentato un momento di grande fragilità emotiva, ma al contempo di consolidamento del senso di appartenenza e di orgoglio di lavorare in Fondazione.
La pandemia ci ha insegnato che possiamo contare su elevate competenze e su un network interno ed esterno grazie ai quali abbiamo espresso un grande potenziale. Il COVID ci ha reso consapevoli delle risorse che potevamo mettere in campo e questo è un insegnamento preziosissimo, che ha generato –oltre al buon funzionamento della “macchina assistenziale”- un altro importante meta risultato: ha cementato il senso di appartenenza.
Anche qui si rileva un’apparente dicotomia: burnout vs. senso di appartenenza e senso di autoefficacia. Il secondo, grande insegnamento che abbiamo tratto da questo particolarissimo momento storico è che davvero le crisi attivano tutte le risorse e che la realtà è policroma e le sfumature possono rappresentare l’intero spettro dei colori: da ciò che appare nero assoluto può scaturire il più incantevole degli arcobaleni.
Più prosaicamente e concretamente, alcune delle risposte organizzative alla pandemia sono oggi parte dei piani di sviluppo futuri della Fondazione: il primo esempio tra tutti è l’adozione della telemedicina, per la quale prevediamo un incremento con un primo obiettivo di arrivare a trasferire il 30% delle visite ambulatoriali in modalità telematica entro il prossimo triennio. Ciò comporta un focus necessario su nuove competenze, sia del personale che svolge una nuova attività con nuovi strumenti, sia della popolazione che sarà destinataria di nuovi modelli di cura.
L’innovazione è nel DNA della Fondazione: in quanto Istituto di cura e ricerca, la Fondazione vede nell’innovazione uno strumento che consente di realizzare pienamente la mission di fornire le cure migliori e più accessibili e al contempo è un elemento distintivo di employer branding che –soprattutto per le figure assistenziali- rappresenta un punto di eccellenza altamente attrattivo e motivante.
La Direzione Risorse Umane vede nel digitale l’opportunità di migliorare l’esperienza di lavoro della propria comunità, attraverso la semplificazione dei processi, la facilitazione dell’integrazione delle diverse professioni e la gestione efficace della diversità, con particolare riferimento all’age gap, ove le specificità di risorse junior e senior si completano vicendevolmente in un efficace e virtuoso scambio di competenze.
No Comments